Sabato è scomparso, all'età di 81 anni e dopo lunga malattia, una delle figure più interessanti della Germania post-bellica. Thomas Harlan, classe 1929, si portava dietro una pesante e scomoda eredità: il fatto di essere il figlio del regista-simbolo del terzo Reich, Veit Harlan, autore di uno dei film più rappresentativi e allo stesso tempo odiosi del potere nazista, Suss l'ebreo, quasi un manuale di antisemitismo per immagini. Thomas Harlan aveva raccolto la sfida di superare la figura paterna mantenendone il nome e si era dedicato alla drammaturgia e alla scrittura, sia come saggista che come poeta. A Parigi, dove si reca alla fine della guerra per studiare filosofia, conosce e diventa amico di personaggi come Gilles Deleuze, Michel Tournier, Pierre Boulez, Klaus Kinski. Torna in Germania, dove comincia a scrivere per il teatro e poesie. Ben presto, però, si rende conto che il passato nazista (perlomeno una parte, l'alta gerarchia) non se n'è mai andato, ma che ha semplicemente cambiato faccia. Lo denuncia con forza nel 1959, proprio al termine di una rappresentazione teatrale, facendo nomi e cognomi, gesto che gli costa l'esilio. Si stabilisce in Polonia, inseguito da denunce e querele, dove inizia con accanimento a studiare gli archivi dei campi e quelli dello stato polacco, alla ricerca di prove che testimonino le responsabilità dei crimini di guerra nazisti. Scrive dossier, qualcuno lo pubblica qualcuno no perché la pressione è troppo forte. Il suo lavoro porta all'incriminazione di duemila criminali di guerra tedeschi. Ha nemici ovunque, ma anche diversi buoni amici, fra cui Giangiacomo Feltrinelli, che spera di riuscire a fargli pubblicare un dossier importante, impresa che non vedrà mai la luce. Quello che indaga lo riversa nelle pieces teatrali e nei film, come Wundkanal. Hinrichtung für vier Stimmen, del 1984, su un ex gerarca nazista che nel dopoguerra si ricicla come banchiere e costruttore del super carcere di Stammheim e denuncia della continuità che, secondo Harlan, lega il nazionalsocialismo ai metodi di repressione della RAF, ma anche nella vita e nell'impegno civile. Molto importante, in questo senso, la lunga collaborazione con Lotta Continua nel periodo che Harlan trascorre in Italia e con il regista nostrano Alberto Grifi, insieme al quale realizza Ultimo giorno di scuola, ma anche il coinvolgimento nei movimenti rivoluzionari di mezzo mondo: dal Cile di Pinochet alla rivoluzione portoghese del '75 (da cui nasce Torre Bela) ad Haiti, fonte di ispirazione per Souvenance, del 1991 (che insieme a Torre Bela e Wundkanal rappresenta la trilogia della vita). Nel 2000 arriva finalmente il primo romanzo, Rosa.
La cosa forse più triste della scomparsa di questo “testimone scomodo” del ventesimo secolo è, come dice bene oggi Roberto Silvestri sul Manifesto, “l'assordante silenzio mediatico che accoglierà (Fuori Orario e qualche festival a parte) la grave perdita di questo poeta cosmopolita”, quasi assente persino dalle storie del cinema. Per rendersi conto di quanto questo sia vero, basta fare un giro sui siti italiani in rete e constatare che, a parte qualche sito che ricorda che Harlan ha recentemente ricevuto a Trieste il premio Anno Uno nell'ambito del festival I 1000 occhi, pochissimo si è scritto di questo incredibile personaggio, persino oggi che si è avuta notizia della sua morte. Per mancanza di interesse o per ignoranza. O, forse, per tutte e due le cose. Fate la prova e vedrete che non c'è nemmeno la pagina in italiano di Wikipedia, solo quella in tedesco. Noi, invece, lo vogliamo ricordare, nel nostro piccolo, invitando tutti coloro che vogliono capire meglio cos'è stato il '900 a cercare di leggere gli scritti di Harlan e a vedere i suoi film.
Molto interessante per capirne l'evoluzione come autore e come persona anche un documentario, realizzato sulla sua figura da Christoph Hübner nel 2006, Thomas Harlan - Wandersplitter, di cui trovate notizie QUI.
Del 2009 è invece il documentario di Felix Moeller, Harlan - Im Schatten von Jud Süss (Harlan: all'ombra di Süss l'ebreo), che si occupa della carriera di Harlan e dell'eredità, non facile, che ha lasciato ai propri discendenti.
Non restano che i saluti.
A Thomas Harlan, filmmaker, autore e rivoluzionario.
Fonti ulteriori:
Frank Noack su Der Tagesspiegel (in tedesco)
Edo Reents sul Frankfurter Allgemeine Zeitung (in tedesco)
L'articolo di Roberto Silvestri sul Manifesto
Testo di Olaf Möller pubblicato nel catalogo del Festival internazionale del cinema e delle arti “I mille occhi” (in italiano)
La cosa forse più triste della scomparsa di questo “testimone scomodo” del ventesimo secolo è, come dice bene oggi Roberto Silvestri sul Manifesto, “l'assordante silenzio mediatico che accoglierà (Fuori Orario e qualche festival a parte) la grave perdita di questo poeta cosmopolita”, quasi assente persino dalle storie del cinema. Per rendersi conto di quanto questo sia vero, basta fare un giro sui siti italiani in rete e constatare che, a parte qualche sito che ricorda che Harlan ha recentemente ricevuto a Trieste il premio Anno Uno nell'ambito del festival I 1000 occhi, pochissimo si è scritto di questo incredibile personaggio, persino oggi che si è avuta notizia della sua morte. Per mancanza di interesse o per ignoranza. O, forse, per tutte e due le cose. Fate la prova e vedrete che non c'è nemmeno la pagina in italiano di Wikipedia, solo quella in tedesco. Noi, invece, lo vogliamo ricordare, nel nostro piccolo, invitando tutti coloro che vogliono capire meglio cos'è stato il '900 a cercare di leggere gli scritti di Harlan e a vedere i suoi film.
Molto interessante per capirne l'evoluzione come autore e come persona anche un documentario, realizzato sulla sua figura da Christoph Hübner nel 2006, Thomas Harlan - Wandersplitter, di cui trovate notizie QUI.
Del 2009 è invece il documentario di Felix Moeller, Harlan - Im Schatten von Jud Süss (Harlan: all'ombra di Süss l'ebreo), che si occupa della carriera di Harlan e dell'eredità, non facile, che ha lasciato ai propri discendenti.
Non restano che i saluti.
A Thomas Harlan, filmmaker, autore e rivoluzionario.
Fonti ulteriori:
Frank Noack su Der Tagesspiegel (in tedesco)
Edo Reents sul Frankfurter Allgemeine Zeitung (in tedesco)
L'articolo di Roberto Silvestri sul Manifesto
Testo di Olaf Möller pubblicato nel catalogo del Festival internazionale del cinema e delle arti “I mille occhi” (in italiano)
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