giovedì 24 dicembre 2009

QUANDO IL CINEMA E' UN VIZIO DI FAMIGLIA: GORAN E VLADIMIR PASKALJEVIC

Eccoci di ritorno dopo qualche giorno di silenzio, dovuto al gran lavoro di preparazione al festival. Ormai manca poco. Come potete vedere dal counter che compare anche su questa pagina, mancano ormai pochi giorni ed è incredibile pensare che in questo breve intervallo di tempo tutto andrà a posto: film, catalogo, materiali, ecc. Come ogni anno però ce la faremo e il 21 gennaio saremo pronti a partire con al 21a edizione. Edizione che sarà all'altezza delle precedenti (anche meglio) e che ha in serbo per il suo pubblico grandi ospiti e grandi film. Comincia a trapelare qualcosa di quello che stiamo preparando, per cui è arrivato il momento di cominciare ad approfondire i primi titoli. Come avrete forse letto dalla nostra home page, presenteremo due film che hanno in comune una cosa molto speciale: sono stati realizzati da un padre e da un figlio. Il padre è Goran Paskaljevic, autore che non ha bisogno di presentazioni e che il pubblico del festival conosce ormai bene. Il figlio è Vladimir Paskaljevic, che a Trieste porta- in anteprima italiana - il suo esordio nel lungometraggio.
Vediamo intanto il film di Goran P., presentato alle Giornate degli autori di Venezia lo scorso settembre. Il titolo è Medeni mesec (Honeymoons-Lune di miele) e racconta la storia di due giovani coppie dell'Albania e della Serba di oggi che decidono di lasciare i loro rispettivi paesi alla ricerca di una vita migliore in Europa occidentale. Quando la coppia albanese, dopo incidenti di ogni genere, arriva in un porto dell'Italia meridionale, iniziano i problemi. Lo stesso accade alla coppia serba quando cerca di entrare nella Comunità Europea attraversando in treno il confine ungherese. Lo stesso autore racconta così il film: "Ho immaginato il film come un trittico. La storia albanese è quella di una giovane coppia che vuole lasciare l'Albania perché le circostanze del paese non consentono di avere una vita felice insieme. La storia serba è su un'altra giovane coppia che vuole andare in Europa occidentale nella speranza di avere più occasioni che in Serbia. La terza parte è quella che intreccia i destini delle due coppie, le cui storie si sviluppano in modo parallelo e senza che i protagonisti si incontrino mai, come spesso invece capita nei film più tradizionali."
Medeni mesec è il primo film frutto di una co-produzione fra Albania e Serbia. Sempre Goran P. dal press kit ufficiale: "Durante i 40 anni di crudele dittatura di Enver Hodxa, a nessuno della Serbia era consentito visitare la vicina Albania. Oggi, dopo i conflitti in Kosovo, sono ancora pochi i cittadini serbi che decidono di andare in Albania perché i pregiudizi e politiche sbagliate hanno contribuito a mantenere un sentimento di intolleranza fra le due nazioni. Tre anni fa, Genc Permeti (giovane pittore e scrittore), insieme al collega Ilir Butka, anch'egli scrittore e produttore, mi hanno invitato a presentare tre dei miei film a Tirana. Si trattava della cosiddetta "trilogia serba" ovvero Bure baruta (La polveriera), San zimske noći (Sogno di una notte di mezzo inverno) e Optimisti (Ottimisti). Confesso che non me l'aspettavo e all'inizio ero esitante, ma loro furono così insistenti che alla fine accettai e partii per Tirana. A tutte le proiezioni, l'unico cinema di Tirana era prieno come un uovo, con le persone che stavano addirittura in piedi. Ancora oggi, ricordo con grande emozione gli interminabili applausi che chiudevano ogni spettacolo e le domande del pubblico, che non furono mai maliziose, ma assolutamente aperte, intelligenti e corrette. La cosa che mi sorprese di più fu il fatto che il pubblico albanese dimostrava una certa famigliarità con la stragrande maggioranza dei miei film, che conosceva attraverso copie piratate, praticamente l'unico modo per poter vedere dei film serbi. La prima volta che andai in Albania (era il 2006), incontrai molti intellettuali che pensandola come me andavano oltre ogni forma di nazionalismo. Scoprii che albanesi e serbi, benché parlino due lingue del tutto diverse, hanno molte cose in comune, soprattutto il forte desiderio di diventare parte integrante dell'Europa. Fu così che nelle nostre lunghe conversazioni, annaffiate da bicchieri di raki, venne fuori l'idea che avremmo potuto combinare gli sforzi e dare vita a un film, diretto da me con una troupe mista. Una settimana dopo il mio rientro dall'Alabania scrissi la prima sinossi.
La realizzazione di questo film, che è la prima co-produzione serbo-albanese, è stata resa possibile un anno dopo dall'intervento economico del Ministero serbo della cultura e dal Centro nazionale del film albanse, così come dalla Apulia Film Commission. Abbiamo girato senza grandi difficoltà, anche se comunicavamo in un misto di inglese, francese ed italiano... Dopo due mesi trascorsi insieme, quando la troupe albanese e quella serba si sono congedate, ci sono stati momenti di commozione, al limite del melodramma. Tutti avevamo le lacrime agli occhi e volevamo girare subito un altro film insieme... e poi un altro e un altro... Da noatre che invece gli attori delle due nazionalità non si sono mai incontrati, se non all'anteprima a Venezia".

Questo il film del padre. Vediamo ora quello di Vladimir Paskaljevic, che concorrerà al premio per il miglior lungometraggio in concorso. Il titolo di questa sua black comedy è Djavolja varos-La città del diavolo, che sarebbe poi la Belgrado di oggi, in cui si incrociano nel giorno in cui si svolge un importante torneo di tennis le vite di più personaggi: una ragazza povera che cerca di procurarsi l'attrezzatura da tennis a qualunque costo, un uomo d'affari che non riesce a sfuggire alla corruzione, un'adolescente bella, ma un po' oca, che cerca un marito facoltoso, una teenager benestante che non trova l'amore, ricche prostitute che fingono di essere felici, un tassista pazzo che incolpa il resto del mondo di tutti i suoi guai...

Un esordio nel lungometraggio per questo "figlio d'arte", già presentato con successo in diversi festival internazionali, fra cui Karlovy Vary, Montreal e Palm Springs e salutato con grande favore dalla rivista Variety.

guarda il trailer del film:



Due notizie sugli autori

Goran Paskaljevic è nato a Belgrado nel 1947. Ha studiato alla FAMU di Praga. Il suo primo cortometraggio Pan Hrstka, del 1969, venne censurato dal regime cecoslovacco. Il film venne comunque notato da Milos Forman, Jiří Menzel e Věra Chytilová. Molti dei suoi film sono stati premiati e apprezzati nei festival più prestigiosi, a cominciare dal suo primo lungometraggio Čuvar plaže u zimkom periodu, del 1976, presentato al Festival di Berlino, dove vince il Premio Internazionale della Critica. Nel 1992, il dilagare del nazionalismo in Jugoslavia lo costringe a lasciare il paese. Tornato nel 1998 per realizzare Bure baruta (La polveriera), subisce attacchi pesanti dalla stampa per le sue continue critiche al regime di Milosević. Decide quindi di lasciare una seconda volta il suo paese, alla ricerca di un luogo dove poter realizzare il suo film How Harry Became a Tree, che infatti viene girato in Irlanda. Ha potuto far ritorno a Belgrado solo dopo la caduta di Milosević. Dei suoi ultimi lavori, sono stati presentati al Trieste Film Festival San zimske noći (2004, Premio Speciale della Giuria al festival di San Sebastian) e Optimisti (2006).

Vladimir Paskaljevic è nato a Nis, in Serbia, nel 1974. Dopo il diploma in Regia presso l'Università di Arti Drammatiche di Belgrado, ha scritto, montato e diretto una serie di documentari per la televisione sul tema dell'integrazione dei bambini rom nella società serba e il cortometraggio Delfini su sisari (nel 1997), presentato e premiato in numerosi festival internazionali, per esempio con il premio FIPRESCI al Festival internazionale di Montreal. Vladimir ha anche scritto il romanzo BDSM, sull'assurdità del crescente nazionalismo, e la raccolta di racconti Optimisti, da cui il padre ha tratto il suo pluripremiato film, che porta lo stesso titolo.




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martedì 15 dicembre 2009

CINEMA A TRIESTE: DIAMO I NUMERI!

Un ultimo accorato appello contro i tagli al cinema in regione è stato lanciato da presidenti e direttori delle principali realtà del settore a Trieste nel corso di una conferenza stampa aperta al pubblico tenutasi lunedì 14 dicembre alle ore 11 al Caffè Tommaseo. L’iniziativa è stata promossa dalle associazioni di cinema e dai festival triestini, con l'obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica illustrando l’attività meritoria svolta nel corso degli anni, con riconoscimenti di pubblico e di critica che vanno al di là dei confini provinciali, regionali e nazionali.
Nel giro di pochi giorni, sono state migliaia le firme raccolte, e più di 3500 le iscrizioni al gruppo su FACEBOOK, a sostegno del comparto cinema, la cui stessa esistenza è minacciata dai tagli previsti nella Finanziaria Regionale 2010.
Tra le persone che hanno sottoscritto l’appello figurano nomi di spicco del panorama regionale e nazionale come i registi Mario Monicelli, Silvio Soldini, Giuseppe Piccioni e Franco Giraldi, l’attore Omero Antonutti, i critici cinematografici Paolo Mereghetti e Callisto Cosulich, il musicista Teho Teardo, il direttore della fotografia Dante Spinotti: adesioni che accrescono lo spessore dell’appello ed arrivano da artisti che hanno potuto testimoniare in prima persona l’eccellenza del settore partecipando a manifestazioni quali Festival del Cinema Latinoamericano, FilMakers, I Mille Occhi, Maremetraggio, Nododoc, Science+Fiction, Trieste Film Festival e i festival di promozione del cinema regionale in Croazia e in Serbia.
I promotori dell’appello e della conferenza stampa hanno sottolineato la qualità delle iniziative cinematografiche e l’impatto che queste hanno sull’economia e sul turismo della città, della provincia e della regione. Come già evidenziato nel corso della presentazione del “libro bianco” sul sistema cinema in Friuli Venezia Giulia, inoltre, diverse centinaia sono gli operatori che lavorano nel settore, per non parlare dei sempre più numerosi studenti universitari che proprio nelle manifestazioni e nelle realtà cinematografiche spesso muovono i primi passi lavorativi, trovando fondamentali occasioni di esperienza e di scambio.
Sulla base di un finanziamento complessivo da parte dell'Assessorato alla Cultura della Regione FVG di poco superiore ai 3 milioni di euro nel 2009, le associazioni regionali di cultura cinematografica hanno sostenuto la promozione e diffusione del cinema di qualità attraverso l'esercizio e la realizzazione di singole rassegne e iniziative in tutti e quatto i capoluoghi di provincia, nonché nelle aree di montagna; una rete di quattro mediateche nelle città capoluogo garantisce ai cittadini dell'intera regione l'accesso ad ampie collezioni video e biblioteche, con servizi di consultazione e prestito gratuito nonché forme specialistiche di attività didattica fruibili dalle scuole di ogni ordine e grado; il nuovo Archivio Cinema FVG si propone come una delle cinque realtà italiane all'avanguardia nella conservazione del patrimonio cinematografico riconosciute a livello internazionale dalla FIAF; le rassegne e i festival regionali rappresentano infine un caso unico nel nostro paese per lo spessore culturale dei programmi offerti, con manifestazioni riconosciute dalla critica e dagli addetti ai lavori fra le più importanti su scala nazionale e internazionale, che fanno del Friuli Venezia Giulia “la regione più cinematografica d'Italia”.
A Trieste, il sistema cinema assorbe circa il 30% delle risorse regionali complessive, offrendo al pubblico ben sei festival internazionali specializzati distribuiti nell'arco dell'intero anno solare; il servizio pubblico di mediateca fa capo ad uno dei più antichi cineclub italiani (La Cappella Underground) e conta oltre mille iscritti, con una collezione di film comprendente 16.000 titoli, per un totale di circa 25.000 testi filmici e 6.000 volumi se si contano anche le risorse degli archivi custoditi dalle associazioni triestine di cinema nel loro insieme. Un sistema articolato, che risponde alle esigenze di una città storicamente molto attenta alla cultura cinematografica, dove sono attualmente 18 gli schermi in funzione negli esercizi commerciali (oltre alla sala polifunzionale del Teatro Miela) e 9 cattedre universitarie sono dedicate alle discipline del cinema e degli audiovisivi, senza considerare in questa sede l'indotto procurato in termini di giornate di lavorazione da parte delle produzioni e di ritorno d'immagine per Trieste realizzato tramite il lavoro della FVG Film Commission. I festival maggiori sono inoltre attivi nella promozione del cinema italiano all'estero (negli ultimi mesi, in Grecia, Montenegro, Portogallo, Slovenia, Spagna).
A fronte di questi investimenti, è di oltre 60.000 il numero totale delle presenze di pubblico ai festival e alle iniziative, con costi d'accesso per gli spettatori assolutamente popolari e inferiori a qualsiasi altra forma d'arte o di intrattenimento. Il numero complessivo di ospiti, dall'Italia e dall'estero, è di circa seicento presenze in un anno, con una ricaduta su ristoranti e alberghi cittadini per un ammontare di oltre 150.000 euro. Un'ulteriore parte rilevante dei costi affrontati, superiore ai 220.000 euro, ricade inoltre su tipografie, studi grafici, agenzie di servizi operanti sul territorio. Infine, il personale impiegato nella realizzazione delle manifestazioni e degli eventi supera complessivamente le 150 unità, con oltre 30 operatori impegnati in ricerca, progettazione e organizzazione nel ramo cinematografico come principale attività professionale.
L'appello alla Regione FVG e al Presidente Tondo va nella direzione di salvaguardare, anche in un momento di grave crisi come quello attuale, questo patrimonio di cultura e di esperienze prestigioso e unico nel panorama nazionale. Parallelamente, le associazioni di cultura cinematografica triestine intendono lanciare un messaggio di sensibilizzazione e richiesta di maggior supporto anche agli Enti Locali, alle associazioni di categoria e alle aziende del territorio. Nella convinzione che il cinema e gli audiovisivi costituiscono a tutti gli effetti una forma di espressione e di comunicazione assolutamente centrale nella nostra cultura; che i festival e le manifestazioni di cinema esprimono un elemento di vitalità culturale estremamente importante nella nostra comunità; e che Trieste rappresenta un caso unico in Italia per dinamismo nel settore.


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lunedì 14 dicembre 2009

NOTE KAZAKE

Iniziate le riprese della prima coproduzione italo-kazaka della storia del cinema italiano dal titolo provvisorio di The heritage of nomad music e composta da uno staff molto italiano. Infatti sia le musiche che il progetto sono di Carlo Siliotto, candidato ai Golden Globe per la colonna sonora di Nomad, mentre la regia è affidata a Nello Correale (autore nel 2003 di Sotto gli occhi di tutti, rimo lungometraggio italiano realizzato completamente in alta definizione).
Le riprese del docufilm che cercherà di raccontare la storia e l'identità del paese centroasiatico attraverso la sua musica millenaria, sono iniziate nell'ex capitale del Kazakhstan, Almaty, nei rinati studios della Kazakh Film e proseguiranno poi in altre località dello sterminato paese delle steppe. La produzione di parte italiana del documentario, con un budget stimato attorno ai 600mila dollari, è la Paneikon di Ugo Adilardi.
(fonte: Cinecittà news)


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domenica 13 dicembre 2009

BELGRADO SARAJEVO A/R

È tornato attivo oggi, dopo quasi 18 anni dalla sua sospensione, il collegamento ferroviario tra Belgrado e Sarajevo, tratta soppressa nel 1992 allo scoppiare della guerra nell'ex Jugoslavia. A bordo solo 17 passeggeri. Sistemata in occasione delle Olimpiadi invernali di Sarajevo, negli anni '80 era la linea più moderna del paese.
(fonte: Repubblica online)


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sabato 12 dicembre 2009

EUROPEAN FILM ACADEMY: FINALMENTE I VINCITORI!


MIGLIOR FILM EUROPEO 2009

DAS WEISSE BAND (Il nastro bianco), Germania/Austria/Francia/Italia
scritto e diretto da Michael Haneke
prodotto da Stefan Arndt, Veit Heiduschka, Michael Katz, Margaret Menegoz e Andrea Occhipinti

MIGLIOR REGISTA EUROPEO 2009
Michael Haneke for DAS WEISSE BAND (Il nastro bianco)

MIGLIOR ATTORE EUROPEO 2009
Tahar Rahim per UN PROPHETE (Un profeta) di Jacques Audiard

MIGLIOR ATTRICE EUROPEA 2009
Kate Winslet per THE READER di Stephen Daldry

MIGLIOR SCENEGGIATORE EUROPEO 2009
Michael Haneke per DAS WEISSE BAND

PREMIO "CARLO DI PALMA" AL DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA 2009
Anthony Dod Mantle per ANTICHRIST e THE MILLIONAIRE

EUROPEAN FILM ACADEMY PRIX D’EXCELLENCE 2009
Brigitte Taillandier, Francis Wargnier, Jean-Paul Hurier e Marc Doisne per il Sound Design di UN PROPHETE (A Prophet)

MIGLIOR COMPOSITORE EUROPEO 2009
Alberto Iglesias per LOS ABRAZOS ROTOS (Gli abbracci spezzati) di Pedro Almodovar

RIVELAZIONE EUROPEA 2009
KATALIN VARGA, Romania/UK/Ungheria
scritto e diretto da Peter Strickland
prodotto da Tudor Giurgiu, Oana Giurgiu e Peter Strickland

MIGLIOR FILM D'ANIMAZIONE EUROPEO 2009
MIA ET LE MIGOU, Francia/Italia
diretto da Jacques-Rémy Girerd, co-diretto da Nora Twomey

MIGLIOR CORTOMETRAGGIO EUROPEO 2009
POSTE RESTANTE di Marcel Łoziński

PREMIO ALLA CARRIERA DELLA EUROPEAN FILM ACADEMY
Ken Loach

MAGGIOR SUCCESSO EUROPEO NEL CINEMA MONDIALE
Isabelle Huppert

MIGLIOR DOCUMENTARIO EUROPEO 2009 – Prix ARTE
THE SOUND OF INSECTS - Record of a Mummy, Switzerland
by Peter Liechti

MIGLIOR CO-PRODUZIONE EUROPEA – Prix EURIMAGES
Diana Elbaum e Jani Thiltges

PREMIO DEI CRITICI DELLA EUROPEAN FILM ACADEMY 2009 – Premio FIPRESCI
Andrzej Wajda per TATARAK

PREMIO DEL PUBBLICO al Miglior Film Europeo
THE MILLIONAIRE, UK
diretto da Danny Boyle
scritto da Simon Beaufoy
prodotto da Christian Colson


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LYNCH A ŁÓDŹ

David Lynch ha annunciato, nel corso del Camerimage Festival che si è concluso lo scorso week end, che intende creare uno Studio a Łódź in Polonia. Lo Studio sarà parte del progetto EC1, un vasto stabilimento culturale ospitato da una fattoria abbandonata e ristrutturata. Il progetto prevede sale di missaggio, post-produzione e registrazione capaci di ospitare un'intera orchestra sinfonica e offrirà tutte le strutture per la postproduzione e il montaggio del suono a film realizzati ovunque in Europa e nel mondo. La città di Łódź ha approvato uno stanziamento di 1.2 mln € per il primo anno e 700.000 € il secondo anno, ma parte del budget totale è ancora in via di definizione.

Segui David Lynch anche su Twitter: http://twitter.com/daVID_LYNCH


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venerdì 11 dicembre 2009

LE CITTÀ VISIBILI: VIENNA

Vienna è considerata una delle città chiave dell'immaginario cinematografico occidentale, un luogo quasi mitico per le sue vicende storiche e culturali, il cui fascino ha saputo alimentare centinaia di film in tutto il mondo. Dopo Parigi, Berlino e Madrid, è proprio Vienna la protagonista della quarta edizione della rassegna "Le Città Visibili", che dal 14 al 20 dicembre propone al Cinema Trevi e nell'Auditorium del Goethe Institut un'esplorazione di opere di registi austriaci del passato poco conosciuti in Italia (da Willi Forst a Wolfgang Glück a Maximilian Shell), riporta alla luce l'opera di cineasti del calibro di Ernst Lubitsch, Julien Duvivier, Max Ophuls, Josef von Sternberg, senza dimenticare il Carol Reed del celeberrimo Il terzo uomo. Si è poi voluto mostrare il ribaltamento dell'immagine tradizionale della città avvenuto a partire dagli anni '50 grazie all'opera di autori d'avanguardia come Peter Kubelka (che sarà l'ospite d'onore del festival), Valie Export e Kurt Kren, fino a giungere alla Vienna sofferta dei capolavori di Michael Haneke. Non mancano le grandi coproduzioni come Amadeus di Milos Forman o Prima dell'alba di Richard Linklater, nonché rarità imperdibili come 1° Aprile 2000, unico esempio di fantascienza austriaca degli anni '50 in cui un'astronave atterra davanti al Castello di Schonbrunn.
Evento di apertura lunedì 14 dicembre, alle 20.45 presso l'Auditorium del Goethe Institut la versione restaurata de La via senza gioia di Georg Wilhelm Pabst con Greta Garbo e con le musiche dal vivo eseguite dal pianista Antonio Coppola. Peter Kubelka sarà ospite della serata-evento di giovedì 17 dicembre alle 21.15 al Cinema Trevi.
La manifestazione è promossa dalla Regione Lazio - Assessorato alla Cultura, Spettacolo e Sport, dal Centro Sperimentale di Cinematografia - Cineteca Nazionale e dall'Associazione Culturale La Farfalla sul Mirino, in collaborazione con Österreich Institut, Ente Nazionale Austriaco per il Turismo e Goethe Institut Rom.

Programma completo, info e approfondimenti sul sito del Centro Sperimentale di Cinematografia


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giovedì 10 dicembre 2009

APPELLO CONTRO I TAGLI AL CINEMA IN FVG!






Sign for Salviamo il cinema in regione




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martedì 8 dicembre 2009

MIRACOLO A LOURDES

Quale occasione migliore di questo 8 dicembre – festa dell'Immacolata – per parlare in modo più approfondito di un film che l'effigie della madonna l'ha messa addirittura in locandina? Parliamo ovviamente di Lourdes, scritto e diretto dall'austriaca Jessica Hausner, cui abbiamo già accennato parlando del programma di Venezia (dove il film ha vinto diversi premi, fra cui quello della giuria Fipresci) e recentemente di quello del Tertio Millennio Film festival di Roma.

Il film racconta la storia di un pellegrinaggio a Lourdes. Fra i pellegrini molte sono le persone malate e in cerca del miracolo, ma molte sono persone che godono di buona salute. Tutti sono mossi dalla speranza di trovare nel luogo mistico una consolazione alle loro sofferenze fisiche o spirituali. Il personaggio principale è Christine (Sylvie Testud), una ragazza inchiodata su una sedia a rotelle da una malattia inguaribile. Christine è la nostra guida: è infatti attraverso i suoi occhi che visitiamo anche noi Lourdes e condividiamo il suo desiderio di conoscere altre persone e creare con loro quel rapporto umano di cui la malattia l'ha privata, sconvolgendole la vita e confinandola nell'isolamento. Comprensibilmente, il sogno più grandi della ragazza è quello di tornare a condurre un'esistenza all'insegna della “normalità” e fare ciò che agli “altri” pare scontato. Ad accompagnarla in questo viaggio della speranza c'è Maria (Léa Seydoux), una volontaria che si occupa di lei seguendola in tutti i rituali codificati del pellegrinaggio (le abluzioni, le processioni), ma l'aiuta anche a mangiare, a lavarsi, a mettersi a letto. Com'è inevitabile, Maria ricorda a Christine la sua vita di prima e questo genera in lei un po' di invidia, ma anche la speranza. Maria, da parte sua, preferisce stare con persone della sua età e cerca di sfuggire lo spettacolo dell'infermità che le si para davanti a ogni piè sospinto. Christine è quindi costretta ad accontentarsi della compagnia di Madame Hartl, una vecchia signora, severa e solitaria, la quale non è a Lourdes per guarire da qualche malattia del corpo, bensì per alleviare la sofferenza causatale da una vita trascorsa in completa solitudine. Per colmare un'esistenza vuota va trovato un senso, una missione, ed ecco comparire Christine, con tutto il suo bisogno di aiuto. Le preghiere di Madame Hartl sembrano funzionare: la salute di Christine migliora in modo quasi miracoloso e la guarigione è così repentina che di essa comincia ad occuparsi anche il Comitato dei Medici di Lourdes. I risultati della loro indagine non portano però a nulla in quanto la natura della malattia di Christine è tale per cui potrebbe da un momento all'altro farla sprofondare nuovamente nella paralisi. Christine deve ora scegliere come vivere quello che potrebbe essere un regalo tanto meraviglioso (di dio, delle cure, della medicina) quanto transitorio.

Commento della regista
Lourdes è una favola (crudele), un sogno ad occhi aperti o un incubo. I malati di tutto il mondo vi si recano nella speranza di riavere la propria salute, un miracolo, perché Lourdes è il luogo in cui si crede ancora nell'esistenza dei miracoli, un luogo sinonimo di speranza, conforto e guarigione per i disperati e morenti. Le vie del Signore, però, sono imperscrutabili e la speranza che, a un passo dalla morte, tutto possa ritornare a posto, sembra avere dell'assurdo. Lourdes è il palcoscenico su cui si svolge la commedia umana.”

Intervista con la regista

Perché ambientare un film proprio a Lourdes?
Jessica Hausner: Intanto, come prima cosa, volevo fare un film su un miracolo. I miracoli rappresentano dei paradossi, uno squarcio nella logica che ci conduce inevitabilmente verso la morte e l'aspettativa di un miracolo rimanda alla speranza che alla fine tutto possa tornare a posto e che ci sia qualcuno che veglia su di noi. Ho svolto molte ricerche per capire quale fosse lo sfondo ideale dove ambientare una storia di un miracolo. Ho scelto Lourdes perché volevo sottolineare il fatto che i pellegrini vi si recano nella speranza di un miracolo. A prima vista, uno può pensare che il miracolo sia una cosa positiva: un paralitico che torna a camminare, per esempio. Documentandomi, però, sono venuta a conoscenza di storie di guarigioni e di casi in cui la persona miracolata era ritornata alla condizione precedente: in pratica, il miracolo non era durato. Trovo che in questo ci sia un parallelo con l'aspetto dell'arbitrarietà della vita: alcune cose che sembrano meravigliose, miracolose addirittura, si rivelano orribili o semplicemente banali. ...]
All'inizio del suo progetto, le istituzioni religiose erano scettiche sul modo in cui la fede sarebbe stata rappresentata nel suo film?
J.H.: Abbiamo avuto diversi incontri con Monsignor Perrier, vescovo di Tarbes e di Lourdes, sul modo in cui Lourdes sarebbe stata rappresentata. Ne abbiamo parlato anche con dei teologi e la cosa interessante è che anche queste autorità della chiesa cattolica sono consapevoli dell'ambivalenza dei miracoli. Al centro del mio film, così come delle riflessioni della chiesa, c'è la domanda sul significato dell'esistenza. [...]
In definitiva, potremmo dire che il suo film ruota tutto attorno a un mistero?
J.H.: Un miracolo mette in discussione il senso delle cose. Posso influire sul corso del mio destino comportandomi bene oppure non sono nulla di più che uno strumento nelle mani del caso? Questo contrasto fra il significato e l'arbitrarietà è al centro di questa storia. È per questo che dopo essere stata curata in modo miracoloso, Christine dice “Spero di essere la persona giusta”.

La regista
Jessica Hausner è nata nell'ottobre del 1972 a Vienna, Austria. Ha studiato regia alla Filmakademie della sua città dove, nel 1996, ha realizzato il primo cortometraggio, Flora, vincitore dei Pardi di domani al festival di Locarno. Inter-view, suo film di diploma, ha conquistato il Premio della Giuria alla Cinéfondation di Cannes Film Festival nel 1999. Due anni dopo esordisce nel lungometraggio con Lovely Rita, presentato anch'esso a Cannes nella sezione “Un Certain Regard” e distribuito in venti paesi. Hotel, il suo secondo lungometraggio, viene anch'esso selezionato a “Un Certain Regard” nel 2004 e vince il Gran premio come Migliore film austriaco alla Diagonale dell'anno dopo. Lourdes è il suo terzo lungometraggio. Ha vinto il premio della giuria FIPRESCI a Venezia e l'ultima edizione della Viennale e del festival di Cracovia. In Italia, il film è distribuito da Cinecittà Luce e uscirà nelle sale in febbraio.

(Le informazioni sul film e l'estratto dell'intervista sono pressi dal press kit ufficiale del film, scaricabile dal sito della distribuzione: http://www.coproductionoffice.eu. La traduzione dall'inglese è nostra)

Fonti:
www.coproductionoffice.eu
www.coop99.at


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domenica 6 dicembre 2009

ESTETICHE IMMORTALI

1924




2005




2009



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martedì 1 dicembre 2009

TERTIO MILLENNIO FILM FEST

La XIII edizione del Tertio Millennio Film Fest torna a riflettere sul rapporto tra il cinema e la contemporaneità. Forme di resistenza è il titolo scelto quest'anno per accomunare le anteprime e i Focus della rassegna, partita ieri al Cinema Trevi di Roma con Popieluszko di Rafal Wieczynski (già al festival di Roma) e che proseguirà fino al 6 dicembre.
Oltre a un interessante focus sull'Iran, segnaliamo per gli appassionati cinema dell'est la rassegna "A est d’Europa. Forme di un cambiamento", che "raccoglie alcuni dei migliori autori di cinema documentario provenienti dalle repubbliche ex sovietiche, formatisi per lo più in Russia poco prima dello sfaldamento e del crollo dell’impero sovietico, successivamente dedicatisi al cinema come terreno di ricerca estetica ma contemporaneamente come luogo della possibile formulazione d’un discorso critico" (per citare testualmnete l'introduzione del catalogo ufficiale della rassegna, scaricabile integralmente dal sito). La sezione è iniziata oggi con i documentari Predstavlenje (Russia-Germania-Ucraina, 2008, 35mm, 82') e Landschaft (Germania-Russia, 2003, 35mm, 60'), di Sergei Loznitsa o Loznica, autore famigliare al pubblico del Trieste Film Festival (Predstavlenje è stato presentato in anteprima italiana proprio a Trieste quest'anno, Landschaft in una delle scorse edizioni). Si continua domani con tre film del lituano Audrius Stonys: Varpas (Lituania, 2007, video, 56'), Neregiu Zeme (Lituania, 1992, 35mm, 18') e Uostas (Lituania, 1998, 35mm, 10'). Il 3 dicembre sarà invece la volta di Nino Kirtadze con Un dragon dans les eauz pures du Caucase (Francia, 2005, video, 90') e Durakovo: le village des fous (Francia, 2007, 91'), cui faranno seguito il 4 Mein Bruder. We'll Meet Again (Germania, 2005, 35mm, 57') e Material (Germania, 2009, 166', formati vari, presentato in anteprima al Festival dei popoli, di cui abbiamo parlato QUI) di Thomas Heise. Infine, il 5, Cosmic Station di Bettina Timm (Germania, 2008, 35mm, 30'), V temnote (Russia-Finlandia, 2004, 35mm, 40') e Chlebnyy den (Russia, 1998, 35mm, 55') del regista di Tulpan, Sergej Dvorcevoj.
Lo stesso giorno, segnalato in anteprima italiana (termine che francamente non comprendiamo, visto che era a Venezia quest'anno dove ha pure vinto il premio Fipresci) Lourdes di Jessica Hausner, in uscita nelle sale italiane in febbraio.
In sostanza, per quanto riguarda "A est d'Europa" nulla di inedito, ma sicuramente molti buoni film interessanti degli ultimi anni, un'occasione per il pubblico dei festival di rivedere o ripescare qualcosa e per il grande pubblico di scoprire autori nuovi, ottimo punto di partenza per chi ancora non conosce il cinema di queste aree.

Sito ufficiale: http://www.tertiomillenniofilmfest.org



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IL CIELO SOPRA MINSK

Il livello di democrazia è sempre difficile da giudicare per chi vive dall'interno un sistema sociale. Spesso, è utile osservare il proprio paese da una prospettiva esterna per poterne vedere i limiti. A volte, però, la situazione è tale che i problemi e le difficoltà risultano evidenti anche senza questo esercizio di distanziamento. Gli strumenti per parlare di questo disagio sono diversi, ma sicuramente il cinema è uno dei mezzi principali per trasmettere in modo immediato la fatica di vivere in un paese "problematico". E' questo sicuramente il caso della Bielorussia, considerata - a dispetto di quello che può pensare qualcuno nostalgico di plebisciti e maggioranze "bulgare" - l'ultima dittatura d'Europa.
Negli ultimi anni sono stati prodotti diversi documentari che raccontano, da prospettive diverse, la vita in questo paese. Noi ne consigliamo due, diversi ma contraddistinti dalla stessa vena ironica. Il primo è stato presentato in concorso documentari al Trieste Film Festival nel 2008, mentre il secondo faceva parte della sezione di quest'anno "Muri del suono" - documentari musicali dall'Europa centro-orientale. Entrambi sono produzioni non bielorusse.

PLOŠČA (Piazza Kalinovski) di Jurij Chaščevatskij, Estonia 2007, Betacam SP, col., 73’, v.o. russa - bielorussa
Sceneggiatura: Jurij Chaščevatskij, Evgenij Budinas, Sergej Isakov. Fotografia: Vladimir Petrov, Sergej Gelbach. Montaggio: Dmitrij Pivovarov, Kaspar Kallas. Suono: Tiina Andreas, Vasilij Šitikov. Voce narrante: Jurij Chaščevatskij. Produzione: Baltic Film Production. Distribuzione internazionale: Deckert Distribution.

Un ironico commento fuori campo – che è poi quello del regista stesso – descrive gli eventi legati alle elezioni presidenziali in Bielorussia del 2006. Girato con una videocamera nascosta, raccogliendo opinioni diverse, mettendo a confronto diversi avvenimenti storici, mostrando materiale video girato durante gli anni di governo di Lukashenko, il documentario cerca di spiegare l’attuale situazione politica in Bielorussia. Davanti agli occhi dello spettatore scorrono le immagini della piazza principale di Minsk, Piazza Ottobre (ribattezzata per l’occasione Piazza Kalinovski, dal nome dello scrittore che guidò nel 1863 la rivolta bielorussa contro i Russi), occupata dagli oppositori di Lukashenko, subito dopo la sua dubbia vittoria, giorno e notte fino alle cariche della polizia; ma anche poliziotti e agenti del servizio segreto che filmano i contestatori e organizzano ‘spontanee’ contro-dimostrazioni. Ma nel documentario non c’è solo l’assurdità del
regime di Lukashenko, ci sono anche le reazioni del popolo bielorusso, da quelle della giovane e ottimista studentessa Dasha a quelle degli abitanti delle campagne, che nonostante tutto il loro lamentarsi sul gas, l’elettricità e il cibo che scarseggiano, continuano a dichiarare il loro pieno appoggio al Presidente.



Jurij Chaščevatskij
è nato a Odessa nel 1947 e ha lavorato come meccanico per diversi anni inUcraina, prima di stabilirsi a Minsk (oggi in Bielorussia) con la famiglia. A 25 anni viene assunto alla televisione di Stato come sceneggiatore. Decide quasi subito di dedicarsi al genere documentario. Perseguitato dalle autorità fin dall’uscita del suo primo documentario sul presidente bielorusso Lukashenko (Obyknovennyj prezident, 1996), Chaščevatskij diventa tuttavia un noto cineasta nel suo paese, e i suoi flm vengono presentati nei festival di tutto il mondo. È membro dell'Accademia della televisione e della radio euroasiatica. Fino a oggi ha realizzato più di venti fra film e documentari.

MUZYCNA PARTYZANTKA (Partigiani in musica) di Mirosław Dembiński, Polonia, 2007, Betacam SP, col., 53’, v.o. bielorussa – polacca
Soggetto, montaggio: Mirosław Dembiński. Fotografia: Maciej Szafnicki, Michał Slusarczy
Remigiusz Przełożny, Dariusz Zału. Musica: Tarpacz, NRM. Suono: Filip Różański. Interpreti: Svietlana Sugako, Pit Palau, Lavon Volski. Produzione, distribuzione internazionale: Film Studio “Everest”.

I giovani sono la componente della società più sensibile ai cambiamenti. La cosa più importante per loro è la democrazia, un bene di prima necessità che però scarseggia in Bielorussia. Altrettanto impor tanti sono la lingua e i simboli nazionali bielorussi, vietati da Lukashenko perché considerati segno distintivo di contadini e oppositori e divenuti per questo curiosamente di “moda” fra i giovani. il rock gioca un ruolo interessante in questo contesto, in quanto permette ai ragazzi di esprimere il loro desiderio di libertà non solo in un contesto sociale, come capita facilmente altrove, ma anche in quello politico. È chiaro quindi che i testi delle canzoni, rigorosamente in bielorusso e radicati nelle tradizione nazionale, vengono considerate dal governo una provocazione ed ecco perché nei concerti spesso si vede sventolare la bandiera bianca e rossa (ufficialmente proibita) e si sente ripetere con forza “Bielorussia vive!”.



Mirosław Dembiński
è nato a Bydgoszcz nel 1959. Dopo essersi laureato in matematica presso l’Università “Niccolò Copernico”, ha iniziato a lavorare come docente presso la facoltà di matematica della stessa università, rimanendovi per tre anni. Nel 1986, si è iscritto alla facoltà di regia della scuola di cinema di Łódź, dove si è fermato a lavorare in qualità di assistente dopo il diploma e dove tiene tuttora corsi sul documentario. Nel 1991 intraprende l’attività di produttore indipendente dando vita a Film studio “Everest”, che ha al suo attivo 44 cortometraggi (soprattutto documentari), premiati in diversi festival internazionali e trasmessi da una dozzina di emittenti televisive europee. Come regista, ha realizzato diversi documentari (fra cui il pluripremiato Lekcja białoruskiego - Una lezione di bielorusso, visibile integralmente su YouTube) e film per la televisione.


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lunedì 30 novembre 2009

DELPHIC: A SOUNDTRACK FOR A WASTELAND

Delphic is a band from Manchester. In August they released their second single, This Momentary, released on the perma-chic French indie label Kitsuné. The Australian director and photographer Dave Ma realized the music video, nominated for three UK Music Video Awards, including Best Cinematography, Best Editing and Best Telecine. for this song. He has travelled to Chernobyl, scene of the world’s worst peacetime nuclear disaster, and documented the place as it is now, and people who still live there. It’s a beautifully composed essay which celebrates the human spirit, shot by Ross McLennan on RED with his customary skill, and graded back in London by James Tillett at Prime Focus. “The video has different set ups and Dave wanted slightly different looks for these locations but for it all to still tie together,” says James. “We ended up with a more naturalistic look – almost like an old Russian propaganda image from a faded magazine.”




Delphic

This Momentary (Chermeric Records)
Prod. company: Pulse Films
Director: Dave Ma
Producer: Neil Andrews
Representation: OBmanagement
DoP: Ross McLennan
Editor: Vid Price
Post production: Prime Focus London
Telecine: James Tillett
VFX: Chris Chitty
VFX Post producer: Dionne Archibald
Commissioner: Jill Kaplan


Dave Ma
on making the video for Delphic’s The Momentary


“The aim for this video was to focus on the people still living in and around the Chernobyl area. I wanted to show portraits of the abandoned town near the power plant then move outwards to abandoned villages where a lot of elderly people still live and on to the towns where people were relocated to. I didn’t want to focus directly on the negative health side effects or on the actual disaster itself because so much of this has been covered in documentaries and photo essays over the past few years. It was about showing the humanity of the people and about capturing little moments in their lives in a composed and photographic way. We decided to shoot on RED with a set of primes which meant lugging some serious kit around an abandoned city. Ross McLennan, as usual, did an amazing job wrangling kit and chasing the sun. He didn’t skip a beat the whole trip, even after we lost our focus puller to a missing passport the night before flying out. Shooting inside the Chernobyl Zone of Exclusion was incredible. Your natural fears kick in and you feel like you shouldn’t be touching anything or even breathing the air, but you quickly get used to it. The radiation screening at the end of each day proved a constant source of amusement for my producer Neil Andrews. A lot of people wrongly assume that the Chernobyl area is completely devoid of life or that it must be an atomic wasteland. But this couldn’t be further from the truth. The place is full of life, nature is flourishing and people still live and work around the power plant. There just happens to be a lot of radiation floating around…”

Official site: http://www.delphic.cc/




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domenica 29 novembre 2009

AL SOTTODICIOTTO IL CINEMA E' SEMPRE GIOVANE

Oggi segnaliamo il Sottodiciotto Film Festival di Torino, festival dedicato al cinema giovane. La decima edizione è cominciata il 26 novembre e proseguirà fino al 5 dicembre. Del ricco programma (consultabile sul sito ufficiale della manifestazione: www.sottodiciottofilmfestival.it consigliamo alcuni appuntamenti con il cinema dell'area Alpe Adria.

KATALIN VARGA (Romania/Gran Bretagna/Ungheria, 2009, 35mm, 82', col.) di Peter Strickland, distribuito in Italia da Archibald Film.
Cacciata di casa all’improvviso dal marito Zsigmond che ha scoperto, per un pettegolezzo, che il piccolo Orbán, nove anni, non è suo figlio come credeva, la pragmatica Katalin Varga non si perde d’animo e, abbandonato il villaggio dove ha vissuto per un decennio lavorando alacremente, attraversa le campagne della Transilvania insieme al bambino a bordo di un carretto a cavalli, in cerca di vendetta e di un passato doloroso che sperava di potersi lasciare alle spalle per sempre.
Peter Strickland (Reading, Inghilterra, 1973) si dedica giovanissimo ai film in Super8 e alle produzioni teatrali. Nel 1995 firma il corto Bubblegum (Gomma da masticare), per poi lanciarsi nella carriera musicale con il gruppo The Sonic Catering Band. Dopo il secondo corto, A Metaphysical Education (Un'educazione metafisica, 2003) debutta nel lungometraggio con Katalin Varga.

Assolutamente imperdibile la prima retrospettiva italiana completa dedicata al pittore e animatore russo ALEKSANDR PETROV, realizzata con la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia - Dipartimento Animazione. Aleksandr Konstantinovič Petrov (Prečistoe, distretto di Jaroslavl’, Russia, 1957) è regista, disegnatore e animatore. Compie i primi studi presso l’Istituto d’Arte di Jaroslavl’ e, diplomatosi all’Istituto di cinematografia VGIK di Mosca sotto la guida di Ivan Ivanov-Vano, uno dei maestri indiscussi dell’animazione sovietica, lavora come disegnatore presso gli Studi della Armenfilm e di Sverdlovsk. Si specializza ulteriormente ai Corsi Superiori per sceneggiatori e registi (VKSR) con i maestri Fëdor Chitruk, Jurij Norštejn e Garri Bardin. Sin dal suo debutto nella regia Petrov si avvale della particolare tecnica della pittura a olio su vetro che, sempre più perfezionata, diventa il segno distintivo delle sue opere, pluripremiate in numerosissimi Festival internazionali. Candidato più volte all’Oscar, lo vince nel 2000 con Il vecchio e il mare, realizzato in Canada. Attualmente vive a Jaroslavl’, sede della sua casa di produzione Panorama.

Molto interessante anche l'iniziativa "Rom città aperta". Il Centro Nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza (CNDA) e Sottodiciotto propongono un programma speciale dedicato alla realtà dei Rom e dei Sinti e mirato a scardinare, almeno in parte, luoghi comuni e stereotipi radicati nel nostro immaginario. Un cambio di prospettiva attivato fin dalla fase di ideazione attraverso il coinvolgimento nel progetto di Laura Halilovic, la giovanissima regista Rom di Io, la mia famiglia Rom e Woody Allen, che ha contribuito a selezionare i film in programma. Il risultato è una rassegna di documentari che offre un ventaglio di visioni estremamente variegato sulla condizione dei giovani Rom in Europa. Si va dal ceco O topanki al francese La bougie n’est pas faite de cire mais de flammes, dal bulgaro Gipsy Summer al francese Citizen Manouche, per finire con Carmen Meets Borat di Mercedes Stalenhoef (di cui abbiamo già parlato qui).
Ad arricchire il quadro delle proposte una serie di appuntamenti che offriranno agli spettatori nuove occasioni di riflessione e conoscenza, tra cui una tavola rotonda aperta alla comunità romanì e al mondo dell’associazionismo e delle istituzioni che si occupano della sua integrazione. Nel corso dell’incontro verranno proiettati alcuni brani video tratti dalla puntata di Presa diretta“Caccia agli zingari” di Riccardo Iacona. La presentazione di Non chiamarmi zingaro (Chiarelettere, 2009) del regista teatrale Pino Petruzzelli vuole essere l’occasione per rivivere con l’autore la sua lunga frequentazione del popolo Rom e per rinarrare alcune storie di straordinaria normalità che hanno trovato asilo nello spettacolo teatrale omonimo, diretto e interpretato da Petruzzelli, in tournée da quest’autunno in tutta Italia. La proiezione speciale di Swing, capolavoro di Tony Gatlif, rivolta alle scuole, consentirà invece di avvicinare gli spettatori più giovani alla cultura e alla musica manouche. Per finire, la proiezione dei film di Laura Halilovic e l’incontro con il pubblico - arricchito dagli interventi di Moni Ovadia e Costanza Quatriglio - sarà introdotta da un’originale rivisitazione del cinema muto di David W. Griffith: due dei suoi primissimi lavori, Le avventure di Dollie e La villa isolata, che mettono in scena stereotipi legati alle comunità Rom (come lo zingaro ladro di bambini) verranno sottoposti a una sorta di ironico “contrappasso”, attraverso il commento musicale dal vivo da parte del gruppo Bruskoi Triu, band gitana nata dalla spontanea collaborazione di musicisti Rom e italiani.

Anche al Sottodiciotto non può mancare un ricordo visivo del ventennale della caduta del Muro di Berlino. Per l'occasione, il festival propone, in collaborazione con il Goethe-Institut Turin, 4 lungometraggi - tre dei quali realizzati nella RDT - che rendono possibile esplorare la condizione infantile e giovanile in una Germania divisa che non esiste più ma che ha lasciato segni profondi nella cultura, nell’arte, nella storia dell’ultimo mezzo secolo. In doppia proiezione, una per le Scuole Secondarie di II grado e una per la cittadinanza, l’appassionante opera prima Wie Feuer und Flamme, tratta da una sceneggiatura dell’attrice Natja Brunckhorst, celebre per la trasposizione cinematografica di Christiane - F. Noi, i ragazzi dello Zoo di Berlino, che ricostruisce a vent’anni di distanza la Berlino di inizio anni Ottanta, spaccata in due dal Muro e percorsa da una creatività sotterranea quanto effervescente e vitale. È invece girato realmente negli anni '80 Sabine Kleist, sieben jahre, un viaggio di esplorazione “ad altezza di bambina” delle strade berlinesi e di un passato sconosciuto alle giovani generazioni. Sieben Sommersprossen permette invece di gustare una breve tappa balneare, sfondo ideale per la scoperta del primo amore di due ragazzi e, forse, di un modo più personale di vivere e di sognare, lontano dalle regole e dalle convinzioni imposte dall’alto. Infine, Berlin - Ecke Schönhauser, realizzato prima della costruzione del Muro, indiscusso cult moviegenerazionale più volte definito il “Gioventù bruciata della DDR”.
(le informazioni sul programma sono tratte dal sito del festival)

SITO DEL FESTIVAL: http://www.sottodiciottofilmfestival.it/



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venerdì 27 novembre 2009

LA GUERRA DEI MONDI IN SALSA EST

Dopo la bellissima serata di ieri sera con Christopher Lee, che ha ricevuto il premio Urania alla carriera in una sala gremita e felice (oggi c'è anche la masterclass, alle 15.00 presso l'Auditorium del Museo Revoltella, via Diaz 27) eccoci arrivati all'ultimo giorno di programmazione di Marx Attacks!

Alle 16.30, alla sala 6 del Cinecity Multiplex, Wojna swiatow-nastepne styulecie - La guerra dei mondi: secolo prossimo [Polonia, 1981, 96’] di Piotr Szulkin / v.o. sott. it./ing. Come il primo lungometraggio di Szulkin (Golem, 1979), questo film è in parte una satira sui media. Se in quel film l’interesse di Szulkin era per l’abilità dei media di plagiare l’opinione in generale, questa volta il regista polacco si dedica esplicitamente alla censura e all’invasione del suo paese. Di conseguenza, sebbene il film sia dedicato a H.G. Wells e a Orson Welles (il cui adattamento radio nel 1938 de “La Guerra dei Mondi” di Wells causò il panico generale nella costa est dell’America) e ambientato nel 1999, le preoccupazioni che esprime sono molto più immediate e molto più potenti. La sceneggiatura di Szulkin si concentra su un reporter della tv locale di nome Wilhelmi che assiste all’arrivo dei Marziani sulla Terra ed è utilizzato dalle autorità per legittimare l’invasione. Simile in parte a The Monitors (1968), ma molto più controllato, il film segue i tentativi disperati di Wilhelmi di raccontare la verità ad un pubblico indifferente che non capisce cosa stia succedendo. L’amara conclusione vede il processo farsa a Wilhelmi, messo in onda sul “Now Better News Show”, che ha rimpiazzato il suo programma di informazione.

Alle 18.15, nella stessa sala, Seksmisja - Sexmission [Polonia, 1984, 116’] di Juliusz Machulski / v.o. sott. it./ing. con Jerzy Stuhr, che il pubblico del Trieste Film Festival conosce bene, sia come attore che come regista.
Film decisamente strano, Seksmisja solleva la domanda su quale funzione abbiano i film di fantascienza nell’Est Europa e in particolare in Polonia. Da una parte sembra una commedia corrosiva su una Polonia del futuro basata sull’inganno, con una noncurante popolazione di zombie, e sotto questo aspetto è probabilmente di grande attualità. Sotto un altro punto di vista, invece, si potrebbe vedere il film come una commedia femminista, nella quale il mondo del film - un futuro in cui gli uomini sono stati banditi e la storia viene riscritta in modo tale che Einstein risulta esser stato una donna, Adamo tenta Eva nel giardino dell’Eden e così via, e la posizione degli eroi maschili al momento del loro risveglio da un esperimento d’ibernazione in un mondo di sole donne - è una parodia del presente. Infine si può vedere il film come una commedia popolare con Lukaszewicz e Sthur nel ruolo dei maschi che alla fine ristabiliscono l’ordine naturale delle cose (quello in cui gli uomini sono superiori). Certamente il film offre chiavi di lettura per tutte queste tre interpretazioni.

Infine, alle 20.30, in sala 6, O-bi, O-ba - Koniec cywilizacji [Polonia, 1985, 88] di Piotr Szulkin / v.o. sott. it./ing con Jerzy Stuhr.
Questo film austero è ambientato in un mondo post-olocausto nucleare in cui i miseri resti del genere umano aspettano un’arca di Noè che li porti in salvo. Sthur è l’eroe che tenta di stabilire se ci sia un qualche fondamento di verità dietro al mito, Janda è una donna pragmatica che preferisce una vita da prostituta a un futuro incerto e Dmochowski è l’ingegnere che sa che l’Arca giungerà - e quando alla fine arriva esplode distruggendo la Terra. Costruito in modo molto teatrale, il desolante futuro presagito è reso in modo ottimale in quanto viene solo accennato (spesso con sprazzi di comicità) e non è presentato minuziosamente. Sicuramente in contrasto con la maggior parte dei film di fantascienza degli anni ’80, stimola un elemento di riflessione in quella stessa maniera che aveva reso il genere così produttivo negli anni ’50.

Se siete soci di Alpe Adria Cinema, esibendo la tessera potrete entrare gratis ai film di questa sezione (e a prezzo scontato agli altri)!

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giovedì 26 novembre 2009

FORTEZZE, VAMPIRI E VISITATORI LONTANI

Purtroppo, anche Marx Attacks! si avvia a conclusione, ma ancora ci sono film bellissimi da vedere in programma.

Oggi alle 16.15, in sala 6, Az eröd [La fortezza] Ungheria, 1979, colore, 35 mm, 119’ di Miklos Szinetar
Sembra che questo fantasy misantropico su un centro turistico sia stato scritto da Hernadi per Miklos Jancso ben prima dell’uscita de Il mondo dei robot (Westworld, 1973), del quale tocca gli stessi temi. L’istituto, che si trova su un terreno privato, si chiama Victory Line ed offre uno speciale programma di intrattenimento di gruppo. I turisti annoiati possono venire ad organizzare dei Wargames, ma ben presto si renderanno conto che i cadaveri che producono sono reali: all’inizio ciò prima che i sopravvissuti entrino davvero nel giusto spirito, crea il panico. Le vicende sembrano prendere i toni della commedia nera e alla fine arriva lo Stato, che chiude il campo ma arruola la sua direttrice per allenare le unità di commando in vista di una guerra a larga scala. Il gruppo di attori che interpreta i vacanzieri è in assoluta armonia, perfetto nel restituire un atteggiamento di superficialità.

Alle 18.30, in sala 6, Upir z Feratu [Ferat il vampiro] Cecoslovacchia, 1981, colore, 35 mm, 90’ di Juraj Herz
Nel 1981, Juraj Herz (The Cremator) ha adattato per il cinema il racconto ‘Vampires, Ltd’ di Josef Nevsbada, all’interno di un’antologia di racconti del terrore europei: si trattava di uno dei pochi film horror non apologetici ad uscire dalla Cecoslovacchia dell’epoca comunista, anche se c’è pur sempre – seppur sottile – un motivo vagamente politico nel fatto che i malvagi imprenditori sono letteralmente dei capitalisti sanguisughe. Il Dottor Marek (Jiri Menzel, meglio noto come regista della New Wave), tranquillo intellettuale di buone maniere, subisce un affronto quando la sua preziosa infermiera Mima (Dagmar Veskrnova, in seguito moglie di Vaclav Havel) lascia il lavoro presso di lui per andare da Ferat, produttore di automobili straniero – e scopre che l’automobile da rally nera di Ferat (“interpretata” da un’elegante Skoda che fa la propria figura) è alimentata da sangue, succhiato attraverso i pedali. Con un barbuto compare, Marek esegue le proprie ricerche guardando la ricostruzione di un film horror classico, con tanto di Dracula e mantello, e scava a fondo nel mistero.

L'immersione continua alle 20.30, in sala 6, con Gosti iz galaksije [Visitatori dalla galassia] Jugoslavia, 1981, colore, 35 mm, 86’ di Dušan Vukotic
Una favola giovanile di effetti speciali dall’ex animatore Vukotic il cui corto animato Ersatz vinse l’Oscar nel 1958. La trama, semplice ma movimentata, vede un giovane autore portare in vita i suoi personaggi alieni di fantasia, e lo scompiglio scatenato dal trio nella vita del ragazzo e dei suoi concittadini mentre si esercitano con i loro speciali poteri extraterrestri, prima di riportare tutto alla normalità facendo tornare indietro il tempo. Gli effetti, realizzati in Cecoslovacchia, si integrano bene nell’azione, che ha l’aria di una fiaba nonostante i suoi aspetti fantascientifici.

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mercoledì 25 novembre 2009

DIETER KOSSLICK FA LA SPESA

Segnaliamo sull'edizione on line de La Stampa di oggi, un articolo di Fulvia Caprara su Dieter Kosslick, direttore della Berlinale da nove anni, in questi giorni a Roma per scegliere i film italiani per la prossima edizione del festival, che si terrà dall’11 al 21 febbraio. Nell'articolo un'interessante intervista a Kosslick, di cui riportiamo un breve estratto:

"F.C.: Quest’anno Berlino risplende di anniversari. Il Festival c’era con il Muro, e c’è adesso, a vent’anni dalla caduta. Come è cambiata la sua fisionomia?
D.K.: La Berlinale è nata nel ‘51, per iniziativa degli alleati, con Alfred Bauer primo direttore. Per molti anni funzionò come vetrina dell’Occidente all’interno dell’Europa orientale. Durante la Guerra fredda il suo obiettivo era principalmente spezzare l’isolamento tra i due mondi, aprire le menti di chi abitava nella città divisa. Per un breve periodo era anche nata, a Est, una piccola rassegna simile alla Berlinale, i due poster pubblicitari, con le bandiere di tutti i Paesi, erano curiosamente quasi identici. Ovviamente quel che si vedeva a Est non si poteva vedere a Ovest. I primi scambi, segno che la cultura stava cambiando, sono avvenuti solo intorno ai 60."



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POLVERE DI STELLE (DELL'EST)

Continua, nell'ambito di Science+Fiction, Festival internazionale della fantascienza di Trieste, la rassegna MARX ATTACKS!, tutta dedicata alla fantascienza dell'est e realizzata in collaborazione con Alpe Adria Cinema.

Alle 16.30, nella sala 6 del Multiplex Cinecity di Trieste
Eolomea [RDT, 1972, 83’] di Herrmann Zschoche / v.o. sott. it.
Il tema - la scoperta di una civiltà extraterrestre quasi inaccessibile - è lo stesso di Solaris e di 2001: Odissea nello Spazio, la cui influenza è onnipresente: Zschoche deve a 2001 il suo gusto per i modellini e per immagini astratte, mentre prende da Solaris l’idea di fondere scene futuristiche con scene della vita quotidiana. Se si aggiunge il riferimento - bizzarro - a Lelouche nelle scene d’amore, il film appare come un insieme di immagini già girate, un’opera solitaria di un topo da cineteca. Eppure la sceneggiatura nella sua ambiguità è molto interessante: si vede un astronauta che si imbarca per un viaggio lungo un secolo rinunciando alla sua fidanzata, cosa che sembra molto staliniana; ma si nota anche che le autorità terrestri esitano ad avvallare questo viaggio a causa della durata e perché è un comandante della base a volersi mettere in contatto con gli esseri pensanti che abitano probabilmente sul pianeta Eolomea, obiettivo della spedizione. Anche l’eroe disobbedisce, e la fidanzata ne approfitta per utilizzare le istituzioni secondo i suoi fini. Si profila così anche nel santuario dell’ortodossia staliniana che è la Germania dell’Est la tradizionale satira della burocrazie a cui la fantascienza offre un grande aiuto.

Alle 18.00, sempre in sala 6
Im Staub der Sterne - La polvere delle galassie [RDT, 1976, 75’] di Gottfried Kolditz / v.o. sott. it./ing
Realizzato circa un anno prima di Star Wars, questa space opera della Germania dell’Est è un esempio di fantascienza sorprendentemente unico, in cui la Terra non è mai menzionata, mentre l’universo è abitato da culture umanoidi con nomi che suonano palesemente inventati. Una navicella spaziale arriva dal pianeta Cyrno sul pianeta Tem 4 in risposta ad un grido d’aiuto inviato anni prima, soltanto per scoprire che i Temiani non sembrano, in realtà, volere nessun aiuto. Mentre l’equipaggio fedele, comandato dalla sensibile Capitan Akala (Jana Brejchova), cade vittima dell’incantesimo dei padroni di casa edonisti, si insinua il sospetto che c’è qualcosa che non va, così vien fuori che persone apparentemente autoctone sono in realtà dei colonizzatori che sfruttano i Tiri, ovvero gli indigeni veri e propri, obbligandoli a lavorare duramente in un’enorme miniera. La vicenda potrebbe essere facilmente interpretata come un’allegoria dello scontro tra il capitalismo e il comunismo, con la gente di Cyrno che aiuta i rivoltosi a fomentare una rivoluzione. Le risorse garantite da una collaborazione con il Blocco Orientale (la Romania era uno dei partner della produzione) consentono di dar vita a scenografie straordinarie, come deserti scavati dal vento ed enormi miniere, oltre a folle di comparse che riempiono lo schermo.

Alle 19.30, ancora in sala 6
Izbavitelij - The Rat Savior [Jugoslavia, 1976, 80’] di Krsto Papic / v.o. sott. it./ing.
Basato su una storia di fantascienza di Alexander Greene, scrittore sovietico morto durante le epurazioni staliniane, Izbavitelj è una potente allegoria politica, che in qualche modo prefigura il più conosciuto “Rhinocéros” di Ionesco. Ambientato negli anni ’30 a Zagabria, la trama è una variante di quella de L’invasione degli ultracorpi (Invasion of the Body Snatchers, 1956). Vidovic è lo scrittore vagabondo che scopre che una nuova specie di ratti con la capacità di cambiare forma sta conquistando la città, uccidendo e poi impersonando le proprie vittime. Vidovic elimina i ratti con una sostanza chimica fornitagli dallo scienziato di Sovagovic, ma non prima di aver ucciso la donna che ama convinto che sia una donna-ratto. Il carattere allegorico del film è piuttosto confuso - i ratti sembrano rappresentare una forma di fascismo troppo generalizzato - ma la regia di Papic (che ha permesso al film di vincere l’Asteroide d’Oro all’edizione del 1977 del Festival della Fantascienza di Trieste) è notevole e molte delle sequenze sono piuttosto grafiche e viscerali, con uno stile insolito per la realizzazione di un film dell’Est Europa.

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