venerdì 29 maggio 2009

TALES FROM THE GOLDEN EAST

Si è concluso domenica scorsa il Festival di Cannes. Quest'anno il premio "Un certain regard" va alla Grecia con Kynodonthas - Canini, di Yorgos Lanthimos. Al romeno Corneliu Porumboiu il premio della giuria. Molto forte il debutto del serbo Vladimir Perišić con Ordinary People. La Romania convince, la Serbia sorprende, ma è la Grecia per una volta a vincere. Kynodonthas - Canini di Yorgos Lanthimos ha ricevuto il premio della sezione "Un certain regard", mentre il romeno Politist Adjectiv di Corneliu Porumboiu (“A est di Bucarest”) si è dovuto accontentare del premio della giuria. Quest’ultimo film, una storia su cosa sia la giustizia e sulla responsabilità individuale, avrebbe meritato il concorso. Ha però avuto il premio Fipresci per la stessa sezione, molto interessante, parallela alla competizione principale (dove non c’erano pellicole dell’area balcanica). [] Corneliu Porumboiu ha confermato il proprio valore con una pellicola forte, universale, che conferma lo stile del film precedente (piani sequenza lunghi, dialoghi sottilmente ironici) ma con temi diversi. Ora è la confusione morale, della Romania ma anche del mondo intero, l’oggetto d’osservazione del regista. Cristi (Dragos Bucur) è un giovane poliziotto che ha l’ordine di arrestare un ragazzino di famiglia borghese che ha “offerto” hashish a due compagni di scuola. Il suo capo (Vlad Ivanov) vuole che lo becchi in flagranza di reato. Cristi osserva i ragazzi, indaga, cerca prove per risalire ai trafficanti e non vuole intervenire colpendo chi consuma droga. “Le leggi stanno cambiando come è già successo nel resto d’Europa, e io non voglio avere sulla coscienza la colpa di aver rovinato la vita a dei ragazzi”, ragiona. L’ufficiale vuole che sia rispettata la legge in vigore (“Uno stato di polizia? Ah ah, tutti gli stati sono stati di polizia” lo deride) e in un lungo faccia a faccia sembra convincerlo con il suo cinismo spietato. Il fatto è che tra i due manca un linguaggio comune, danno alle parole significati diversi: il discorso del poliziotto è più vicino al pensiero dello spettatore comprensivo e dalla mentalità aperta, quello del maggiore in grado più rispondente alle definizioni del vocabolario. Il risultato è spiazzante. E il linguaggio cinematografico scelto da Porumboiu è il valore aggiunto del film. [] Cristian Mungiu, l’altro regista romeno incluso nel "Certain regard", ha confermato grande intelligenza, oltre alle capacità registiche e di scrittura. Dopo l’exploit di “4 mesi, 3 settimane, 2 giorni” ha evitato di sottoporsi a un esame vero, portando a Cannes un film a episodi diretti con altri quattro registi (solo Costantin Popescu era noto all’estero per il corto “Smiling Yellow Face”). Tales from the Golden Age è un insieme di barzellette ambientate negli ultimi anni dell’era Ceausescu con famiglie che cercano di arrangiarsi come possono. [] Molto forte il debutto del serbo Vladimir Perišić con Ordinary People, inserito nella "Semaine de la critique". Siamo in un luogo non specificato dell’ex Jugoslavia all’inizio della guerra. È mattina presto, un bus trasporta un gruppo di sette soldati di un reparto speciale verso una destinazione sconosciuta. Tra loro la ventenne recluta Dzoni, che dopo il servizio militare è rimasto nell’esercito per non restare disoccupato. Fa caldo, i soldati aspettano tra edifici abbandonati e prati assolati senza riuscire a capire quale sia la missione. Dopo una lunga attesa, arriva un altro bus, carico di giovani da uccidere a sangue freddo, come un plotone d’esecuzione. A fatica tutti fanno il loro “dovere”, anche l’impaurito Dzoni. Quando arriva il secondo turno la scena si ripete. Più avanti il giovane dovrà superare la prova “di maturità” uccidendo un ragazzino che prova a ribellarsi. Sono persone comuni che hanno perso all’improvviso l’innocenza e sono diventate strumenti del male. La sera il bus carica di nuovo i soldati, ma un’interruzione della strada li blocca in un villaggio. Dzoni e poi gli altri rifiutano di aiutare un altro reparto nell’eliminare i nemici adducendo la stanchezza. La speranza di una catarsi, che i giovani recuperino la loro umanità dopo essersi piegati alla follia assassina. Perišić lo rende con pochi dialoghi, scene scarse, spiegazioni essenziali e una violenza mostrata e raccapricciante ma senza alcun compiacimento. (fonte: l'articolo, di Nicola Falcinella, è tratto da http://www.osservatoriobalcani.org)



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