Vediamo intanto il film di Goran P., presentato alle Giornate degli autori di Venezia lo scorso settembre. Il titolo è Medeni mesec (Honeymoons-Lune di miele) e racconta la storia di due giovani coppie dell'Albania e della Serba di oggi che decidono di lasciare i loro rispettivi paesi alla ricerca di una vita migliore in Europa occidentale. Quando la coppia albanese, dopo incidenti di ogni genere, arriva in un porto dell'Italia meridionale, iniziano i problemi. Lo stesso accade alla coppia serba quando cerca di entrare nella Comunità Europea attraversando in treno il confine ungherese. Lo stesso autore racconta così il film: "Ho immaginato il film come un trittico. La storia albanese è quella di una giovane coppia che vuole lasciare l'Albania perché le circostanze del paese non consentono di avere una vita felice insieme. La storia serba è su un'altra giovane coppia che vuole andare in Europa occidentale nella speranza di avere più occasioni che in Serbia. La terza parte è quella che intreccia i destini delle due coppie, le cui storie si sviluppano in modo parallelo e senza che i protagonisti si incontrino mai, come spesso invece capita nei film più tradizionali."Medeni mesec è il primo film frutto di una co-produzione fra Albania e Serbia. Sempre Goran P. dal press kit ufficiale: "Durante i 40 anni di crudele dittatura di Enver Hodxa, a nessuno della Serbia era consentito visitare la vicina Albania. Oggi, dopo i conflitti in Kosovo, sono ancora pochi i cittadini serbi che decidono di andare in Albania perché i pregiudizi e politiche sbagliate hanno contribuito a mantenere un sentimento di intolleranza fra le due nazioni. Tre anni fa, Genc Permeti (giovane pittore e scrittore), insieme al collega Ilir Butka, anch'egli scrittore e produttore, mi hanno invitato a presentare tre dei miei film a Tirana. Si trattava della cosiddetta "trilogia serba" ovvero Bure baruta (La polveriera), San zimske noći (Sogno di una notte di mezzo inverno) e Optimisti (Ottimisti). Confesso che non me l'aspettavo e all'inizio ero esitante, ma loro furono così insistenti che alla fine accettai e partii per Tirana. A tutte le proiezioni, l'unico cinema di Tirana era prieno come un uovo, con le persone che stavano addirittura in piedi. Ancora oggi, ricordo con grande emozione gli interminabili applausi che chiudevano ogni spettacolo e le domande del pubblico, che non furono mai maliziose, ma assolutamente aperte, intelligenti e corrette. La cosa che mi sorprese di più fu il fatto che il pubblico albanese dimostrava una certa famigliarità con la stragrande maggioranza dei miei film, che conosceva attraverso copie piratate, praticamente l'unico modo per poter vedere dei film serbi. La prima volta che andai in Albania (era il 2006), incontrai molti intellettuali che pensandola come me andavano oltre ogni forma di nazionalismo. Scoprii che albanesi e serbi, benché parlino due lingue del tutto diverse, hanno molte cose in comune, soprattutto il forte desiderio di diventare parte integrante dell'Europa. Fu così che nelle nostre lunghe conversazioni, annaffiate da bicchieri di raki, venne fuori l'idea che avremmo potuto combinare gli sforzi e dare vita a un film, diretto da me con una troupe mista. Una settimana dopo il mio rientro dall'Alabania scrissi la prima sinossi.
La realizzazione di questo film, che è la prima co-produzione serbo-albanese, è stata resa possibile un anno dopo dall'intervento economico del Ministero serbo della cultura e dal Centro nazionale del film albanse, così come dalla Apulia Film Commission. Abbiamo girato senza grandi difficoltà, anche se comunicavamo in un misto di inglese, francese ed italiano... Dopo due mesi trascorsi insieme, quando la troupe albanese e quella serba si sono congedate, ci sono stati momenti di commozione, al limite del melodramma. Tutti avevamo le lacrime agli occhi e volevamo girare subito un altro film insieme... e poi un altro e un altro... Da noatre che invece gli attori delle due nazionalità non si sono mai incontrati, se non all'anteprima a Venezia".
Questo il film del padre. Vediamo ora quello di Vladimir Paskaljevic, che concorrerà al premio per il miglior lungometraggio in concorso. Il titolo di questa sua black comedy è Djavolja varos-La città del diavolo, che sarebbe poi la Belgrado di oggi, in cui si incrociano nel giorno in cui si svolge un importante torneo di tennis le vite di più personaggi: una ragazza povera che cerca di procurarsi l'attrezzatura da tennis a qualunque costo, un uomo d'affari che non riesce a sfuggire alla corruzione, un'adolescente bella, ma un po' oca, che cerca un marito facoltoso, una teenager benestante che non trova l'amore, ricche prostitute che fingono di essere felici, un tassista pazzo che incolpa il resto del mondo di tutti i suoi guai...
guarda il trailer del film:
Due notizie sugli autori
Vladimir Paskaljevic è nato a Nis, in Serbia, nel 1974. Dopo il diploma in Regia presso l'Università di Arti Drammatiche di Belgrado, ha scritto, montato e diretto una serie di documentari per la televisione sul tema dell'integrazione dei bambini rom nella società serba e il cortometraggio Delfini su sisari (nel 1997), presentato e premiato in numerosi festival internazionali, per esempio con il premio FIPRESCI al Festival internazionale di Montreal. Vladimir ha anche scritto il romanzo BDSM, sull'assurdità del crescente nazionalismo, e la raccolta di racconti Optimisti, da cui il padre ha tratto il suo pluripremiato film, che porta lo stesso titolo.





























