Grandmother's Flower (Il fiore della nonna) di Jeong-hyun Mun, Corea del Sud, 2007, col., 89' (v.o. coreana, sott. inglesi).
Il documentario, presentato l'anno scorso al festival di Berlino, è un viaggio nella storia di una famiglia e di un popolo. Dopo la morte della nonna materna, avvenuta nel 2001, il regista scopre una serie di diari e di documenti che raccontano la complicata storia famigliare della donna. Comincia a ricostruirne le vicissitudini, scoprendo per esempio che la malattia mentale e la paranoia dello zio (uomo di cui aveva sempre avuto paura) erano state causate dallo shock subito dall'arresto e dalle torture subito dal fratello, il nonno del regista. Viene così lentamente a galla la storia di questa famiglia sud-coreana, perseguitata dalle autorità per le sue attività di resistenza al governo e per la vicinanza alla politica nord-coreana.
Il film ha vinto il premio come Miglior documentario al festival internazionale di Pusan. (leggi la recensione su Variety di Derek Elley, in inglese)
Mun Jeong-hyun è nato a Kwang-ju (in Corea) nel 1976. Dopo gli studi di architettura e cinema, ha realizzato nel 2003 il suo primo documentario, Back to My Hometown. GRANDMOTHER’S FLOWER è il suo quarto lavoro.
Alle 21.00, rimaniamo in Corea con il film di un grande autore, Park Chan-wook:
J.S.A. - Joint Security Area (Area Comune di Sicurezza), Corea del Sud, 2000, col., 110', con (v.o. coreana, sott. inglesi).
Non c'è nulla di più simbolico della divisione delle due Coree del ‘Ponte del non ritorno’ di Panmunjom, zona demilitarizzata al confine fra i due stati. Un giorno, una guardia di confine viene uccisa da un colpo di fucile. I sospetti si concentrano su un soldato sud-coreano, che viene ritrovato ferito nel bel mezzo della “terra di nessuno”. L'incidente avrà delle gravi ripercussioni perché entrambi i paesi considerano l'incidente come un atto di provocazione voluta. Il Nord accusa il Sud di aver commesso un “attacco terroristico” mentre il Sud sospetta che il Nord abbia tentato un rapimento. Si appellano così all'autorità degli stati neutrali (NNSC) in cerca di aiuto e chiedono a loro di investigare sul caso. Viene incaricata di svolgere le indagini il capitano Sophie E. Jean, una coreana che ha studiato Legge a Ginevra e che attualmente presta servizio nell'esercito svizzero. Fin da subito, Sophie si trova davanti a un mucchio di ostacoli perché i due paesi si rifiutano di cooperare con lei in alcun modo. Solo dopo aver superato queste resistenze da parte delle autorità dei due stati, il capitano riesce a incontrare i due principali testimoni, l'ufficiale semplice Lee Soo-Hyuk e il sergente nord-coreano Oh Kyung-Pil. Quando Sophie E. Jean li interroga, però, i due forniscono un resoconto del tutto discordante dell'accaduto. La questione si fa sempre più misteriosa e ingarbugliata, soprattutto dopo che il testimone che è accorso per primo sul luogo dell'incidente, un soldato di nome Nam Sung-Shik, cerca di suicidarsi subito dopo aver rilasciato la propria dichiarazione...
Presentato a Berlino e al Far East del 2001, campione assoluto di incassi in Corea, il film nasce come adattamento per il grande schermo del romanzo DMZ di Park Sang-yun.
Park Chan-wook (nato nel 1963 a Seoul, nella Corea del Sud) è approdato al cinema dopo gli studi in filosofia. È arrivato alla notorietà internazionale proprio con JSA – Joint Security Area (Gongdong kyeongbi gooyeok JSA, 2000), uno dei primi film a lanciare uno sguardo inedito, libero da schematismi, sul problema della divisione fra le due Coree. Da quel momento è stato un susseguirsi di successi, fra cui spicca l'incredibile “trilogia della vendetta”: Sympathy for Mr. Vengeance (Boksuneun naui geot, 2002), Old Boy (Oldeuboi, 2003), e Sympathy for Lady Vengeance (Chinjeolhan Geumjassi, 2005). Old Boy ha vinto il Gran premio della Giuria a Cannes. Nel 2006 è stata la volta di I’m a Cyborg, But That’s OK (Ssaibogeujiman kwaenchanha, 2006). Quest'anno, a Cannes, ha presentato Thirst (Bakjwi), Premio della Giuria in cui ritorna il Song Kang-ho di JSA.
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